martedì 1 ottobre 2019

“Il posto più allegro, più solare: grandi pranzi, pentoloni che bollono, animali che scorrazzano, forse anche grandi sbornie...e qua dopo, ci sarà una degustazione di vino che ho nascosto in un loculo...”


di Felicia Santilli




Quando si varca la soglia del cancello e inizia la visita guidata, la sera incombe, Andrea ti dà il benvenuto e ti ringrazia per essere lì; sorrido tra me mentre mi accorgo di essere entrata nel suo salotto privato, a casa sua; al termine ci verrà pure offerto del vino.
Ci parlerà di morti ma non di morte, di vite vissute e di libero pensiero.
Alla base dell'accurata selezione delle tombe -il cimitero dell'Aquila è vasto e occupa un'area di circa 14 ettari- Andrea, che è un uomo non convenzionale e autenticamente anticonformista, ha posto i suoi valori, la sua bellezza , le sue passioni: i sui gioielli.


Siamo in un luogo che è sacro già dal XV secolo; qui si trovava la nicchietta per una madonnina molto venerata, tanto venerata che si provvide a sistemarla in una chiesa e monastero.
Ad abitarlo erano monaci benedettini detti olivetani che avevano un regolamento piuttosto particolare: non erano stanziali ma nomadi, avevano l'obbligo di andare dove ci fosse stato bisogno di loro perché erano molto operosi nell'agricoltura e offrivano mense per i poveri. Avevano adibito la terra ad orto, qualsiasi aquilano non facoltoso se veniva qua a mangiare a pranzo e a cena, trovava sempre la minestra nel piatto e il vino nella brocca. Da Pescara arrivavano carovane di mosto da cui si otteneva un ottimo vino rosso e tra l'altro, quasi nessuno lo ricorda, i monaci si prendevano cura di tutti gli animali randagi dell'Aquila, cioè cani,gatti, qui non morivano di fame...quindi questo era il posto più allegro, solare, grandi pranzi, pentoloni che bollono, animali che scorrazzano, forse anche grandi sbornie...ben lontano da essere un luogo dove si praticavano sepolture”.




Nel 1865, come stabilito dall'editto di Saint Cloud, dopo i cortili delle chiesette e le fosse comuni,
la città si dota del proprio complesso cimiteriale proprio in questa zona, lontana da quella abitata, coperta di ulivi e vigne e “terra piena di pietre, la meno comoda per scavare una fossa a mano”.
Peccato, perché questa immagine di vita monacale aperta alla comunità, generosa e accogliente, intrisa di spiritualità hippie e di ora et labora benedettino è rassicurante e tonifica l'immaginazione:
chiudi gli occhi, e immagina i campi, niente auto, niente cellulari, solo sole e pane.
Quasi quasi riporta a certe esperienze aquilane di spazi sociali autogestiti di cui Andrea, che è una persona appassionata, con un naturale propensione alla socialità e alla comunanza, è stato testimone.


Karl Heinrich Ulrichs: un gay all'Aquila
L'unica tomba, l'unica!, che si trova sul sito mondiale https://www.findagrave.com/: Karl Heinrich Ulrichs, il primo uomo occidentale della storia moderna che ha fatto outing della propria condizione di omosessualità nell'800; è stato esiliato dalla Germania, cacciato, e se l'è passata molto bene a L'Aquila dove ha potuto continuare a scrivere, lui poeta, latinista, e a pubblicare i primi saggi sull'omosessualità, di riferimento ancora oggi per gli studiosi. Ha raccontato di quanto avesse sofferto per tutta la sua vita in Germania, di aver dovuto nascondere la propria omosessualità e di come non fosse solo una questione di sessualità ma di affettività, mi dovevo vergognare per una cosa che per me era naturalissima. A L'Aquila ha avuto libertà di esprimersi, ha insegnato latino e greco al liceo classico, era noto che avesse un compagno e nessuno gli ha rotto le scatole. È stato sepolto qua perché qua si è goduto gli ultimi anni della sua vita in pace ed è un modello per tutti coloro che rivendicano il diritto di potersi giustamente scegliere la propria vita affettiva in maniera alternativa. È morto nel 1895, Tchaikovsky (suo contemporaneo n.d.r.) per molto meno dovette suicidarsi costretto dallo Zar... manco ci si è sporcato le mani. O Alan Turing, suicida a quarantun anni...a Ulrichs a L'Aquila che si dice città chiusa e bigotta, non gli ha mai rotto le scatole nessuno, anzi, ha ringraziato di aver trovato lavoro qui. Qua ci sono sempre fiori”.





Giovanni.
Un ragazzo suicidato a ventiquattro anni, oggi ne avrebbe avuti novantaquattro, invece, è rimasto per sempre giovane perché si è ucciso non avendo potuto realizzare il suo sogno; come dice il cenotafio Ha voluto morire per non aver potuto rendere la sua vita conforme al suo sogno. Mi piacerebbe saperne di più, è morto nel '48, forse c'è in vita qualcuno che l'ha conosciuto, per raccogliere qualche informazione e fare un'intervista. Questi fiori qualche giorno fa non c'erano, piantonerò la tomba”.

Paolina Giorgi: tutti i segni dell'emancipazione femminile.
Ci sono centinaia di ragazzi che aspettano l'autobus a pochi centimetri dal suo corpo”.
In effetti c'è una fermata dell'autobus a ridosso del lungo muro che costeggia lo stradone. Le persone che devono andare a Pescara o le ragazze e i ragazzi che escono da scuola per tornare a casa aspettano il bus lì, con le schiene appoggiate alla porzione di muro che dall'altra parte ospita il loculo di Francesca Chiodi: cantante, attrice e imprenditrice.
Questa è Francesca Chiodi, in arte Paolina Giorgi, artista del café-chantant, morta nel 1911 (vittima di femminicidio n.d.r.) lontana da L'Aquila” e a seguito di peripezie che Andrea sarà lieto di raccontarvi in prima persona, “fu definita in una biografia romanzata 'donna di facili costumi', cosa completamente inventata, purtroppo poi però ripresa in una serie TV in onda sulla RAI negli anni '80 in cui si ipotizzava una storia con D'Annunzio...in realtà, secondo me lei è stata uno dei primi esempi di emancipazione femminile: partendo da zero ha fatto i soldi, si è cambiata il nome, ha girato tutta l'Italia.
Nessuno la ricorda”.





Non abbiamo più limiti d'orario per uscire, il cancello laterale del cimitero resta sempre aperto.
Un tour, una visita guidata, mah. Andrea ti apre casa, mette su un po' di musica (abbiamo ascoltato il suo adorato Antonio Vivaldi), ti offre da bere, ti fa accomodare, apre l'album dei ricordi di bambino e di ragazzo e ti fa questo dono, ti regala questa sua passione e lo stupore del “vieni a vedere qua cos'ho trovato!”




All'uscita s'è fatto notte, sul piazzale c'è la professionista del sesso nella sua auto con la portiera aperta e telefono in mano, il nostro gruppetto si dirige in centro per continuare a chiacchierare e sbevazzare.
Si sta così bene stasera...



Testo e foto di Fela